Coordinatore
Partecipanti al progetto
Ente finanziatore
MiPAAF PQAI I - Uff. Agr. Biol.
Data inizio
15/01/2015
Data fine
14/07/2017

Obiettivi generali:

a)       Rafforzamento del legame terra-allevamento

b)       Allevamenti BIO più in linea con i principi e più vicini alle scelte dei consumatori

c)       Produzioni foraggere proteiche di qualità

d)       Incentivazione alla formazione di filiere BIO

e)       Diminuzione dei rischi legati alle contaminazioni

Breve descrizione del progetto:

Il progetto è diviso in quattro linee progettuali specifiche che interagiscono fra loro allo scopo finale di individuare modalità di aumento del grado di auto approvvigionamento di materie prime proteiche biologiche per l’alimentazione dei monogastrici (avicoli e suini), sia a livello di industria mangimistica sia a livello di singoli allevamenti.

WP 1 Miglioramento genetico delle leguminose proteiche

La soia rappresenta la principale fonte proteica per gli animali, e il fabbisogno nazionale è di gran lunga superiore alla produzione interna e essere quindi soddisfatto con massicce importazioni dall’estero; in  questo, la zootecnia biologica non differisce da quella convenzionale. La  soia trova il suo ambiente elettivo nelle zone pianeggianti e irrigue del nord. A differenza della soia ,  il pisello è la leguminosa da granella con più ampio adattamento e maggiore potenziale produttivo negli ambienti in coltura asciutta; la sua granella è un concentrato di ottimo valore nutritivo e biologico. Il lupino bianco rappresenta l’unica vera alternativa alla soia per la produzione di granella ad elevato tenore proteico nell’Italia centrale e meridionale, dove la coltura della soia è poco sostenibile sia dal punto di vista ambientale che da quello economico.  Il favino è la seconda leguminosa da granella dopo la soia per superficie coltivata in Italia, sebbene con potenzialità produttive e di miglioramento genetico inferiori a quelle del pisello. Il WP1 prevede dunque un’attività di miglioramento genetico rivolta prevalentemente a soia e pisello, ed in subordine a lupino bianco e favino; sarà svolta inoltre un ‘attività di studio relativa all’utilizzazione di cover crop di leguminose su coltivazioni di mais.

WP 2 Sistemi  multifunzionali per la suinicoltura biologica

La  suinicoltura BIO è costituita in Italia da due differenti sistemi produttivi; il primo, che produce il maggior numero di animali, caratterizzato da filiere integrate di produzione di mangimi, allevamenti e commercializzazione dei prodotti; il secondo da allevamenti di medio-piccole dimensioni. Il primo sistema produttivo trova la sua principale difficoltà nell’approvvigionamento delle materie prime certificate, il secondo si trova di fronte anche ad una fragilità del sistema di commercializzazione dei prodotti. Questo rende ragione della elevata “mortalità” degli allevamenti in particolare di piccole dimensioni. I punti di forza di questo secondo sistema sono l’utilizzo di razze locali, l’allevamento di tipo semi-estensivo  ed un forte radicamento con il territorio per quanto riguarda le ricette di trasformazione e la vendita dei prodotti. Questi sono gli aspetti che è necessario approfondire e rafforzare per garantire un reddito agli agricoltori. Questa tipologia di allevamento rientra nel concetto di “allevamento rurale” e, in una dimensione più ampia, nel concetto di sovranità alimentare di una comunità. Ciò comporta l’inserire l’allevamento biologico nel contesto di un sistema produttivo multifunzionale a livello aziendale o a livello locale, nel quale la produzione zootecnica costituisca una integrazione al reddito degli agricoltori e non il principale, o unico, introito. Saranno dunque prese in esame due diverse realtà che possano fungere da modello:

1) un’azienda in grado di essere autosufficiente, studiando le migliori modalità di creazione, gestione ed utilizzazione del pascolo erbaceo e/o arboreo integrato da una produzione di granella;

2) una comunità rurale interessata a rilocalizzare le proprie produzioni ed i propri consumi agro-alimentari inserendo la produzione di carni suine ed avicole all’interno della comunità.

WP 3 Incentivazione all’auto approvvigionamento foraggero delle aziende e delle piccole filiere avicole

. Le aziende avicole biologiche in Italia sono riconducibili a:

1) aziende di medio grandi dimensioni con annesso mangimificio aziendale, con o senza terreni coltivabili;

2) aziende di medie dimensioni con o senza mangimificio aziendale,  con o senza terreni coltivabili.

3) aziende di piccole dimensioni senza mangimificio aziendale, con o senza terreni coltivabili.

Il problema dell’autoapprovvigionamento aziendale tocca tutte e tre le tipologie, infatti sia le aziende che posseggono il mangimificio sia quelle che si rivolgono al mangimificio sono dipendenti dalle importazioni di soia.. Il WP si rivolge a due modelli:

1. Aziende medio-grandi, con mangimificio annesso e possibilità di coltivare foraggere per l’avicoltura per creare un filiera interna aziendale per la produzione di materie prime biologiche proteiche. Si prevede la coltivazione di una foraggera proteica, la sua trasformazione ed inclusione nella dieta di un gruppo di animali allevati in azienda. Il progetto intende valutare anche i parametri produttivi della prova e fare un bilancio economico di tutta la filiera produttiva raffrontandolo al modello che utilizza solo materie prime importate o acquistate all’esterno.

2. Realizzazione di piccole filiere localizzate in aree specifiche. L’allevamento avicolo biologico di medio-piccole dimensioni in genere non ha la possibilità di produrre le materie prime;  anche nel caso in cui possieda dei terreni coltivabili, non è in grado di trasformare le materie prime e quindi si rivolge ad un mangimificio, che spesso produce un mangime è “personalizzato” per lo specifico allevatore. Queste aziende sia da carne che da uova spesso rappresentano delle piccole eccellenze nel mondo biologico perché  estremamente  adatte all’allevamento per la posizione (ad es. in collina) o la ricchezza dei pascoli dei parchetti o la ricchezza di vegetazione (ad es. oliveti, boschi ecc.).  Il progetto intende incentivare la realizzazione di  piccole filiere localizzate aggregando agricoltori biologici , piccoli mangimifici e allevatori avicoli biologici di una precisa area geografica in modo da creare prodotti di filiera che possano aggiungere valore al prodotto finito e reddito ai partecipanti della filiera.

WP 4 Modelli di filiera colture proteaginose – mangimifici

Fin dall’entrata in vigore del Reg. 1089/2001 relativo alla produzione animale col metodo biologico, ci si è posti il problema dell’approvvigionamento delle materie prime biologiche, in particolare per la e soia, che viene in gran parte importata da paesi extra UE. Le recenti vicende legate ai problemi sulle partite di soia importate da paesi extraeuropei hanno portato un clima di incertezza che non favorisce la creazione di filiere aziendali, inoltre i mangimifici a causa di questa incertezza sono costretti ad eseguire un numero elevato di analisi sulle materie prime di importazione aumentando in maniera consistente i costi di produzione 

La Commissione Europea ha aperto una consultazione in linea all’inizio del 2013 (circa 45 000 risposte) , in base alle quali ha evidenziato la necessità di aumentare il legame tra azienda zootecnica e terra coltivata e ha proposto di innalzare le attuali percentuali riportate nel Regolamento CE 889/2008 articolo 19 par 1 e 2. Dunque il rafforzamento delle filiere nazionali per la produzione di granelle proteiche biologiche è assolutamente necessario per ridurre la dipendenza dai prodotti importati e rafforzare i prodotti e l’immagine dell’agricoltura biologica nel suo insieme. In questa ottica si intende agire attraverso due vie, la prima individua una filiera possibile italiana, la seconda individua la possibilità di aderire ad iniziative e/o piattaforme innovative il cui fine è quello di aumentare la produzione di foraggere proteiche europee.

Risultati attesi (descrizione, divulgabilità, applicazioni):

Manualistica, schede e line guida  tecnico-divulgative

1)            Articoli tecnico-divulgativi di caratterizzazione di nuove varietà di proteaginose

2)            Codice di buona pratica di allevamento ed alimentazione per comunità rurali

3)            Schemi di costruzione di filiere interaziendali

Trasferibilità e potenziali fruitori dei risultati:

Incontri e seminari, azioni dimostrative di “campo” con operatori e associazioni, test e strumenti formativi : 1)Field days per la selezione partecipativa e la diffusione di nuove varietà; 2)Incontri divulgativi sui modelli di aumento dell’autosufficienza aziendale e di creazione di filiere; 3 ) Iscrizione di nuove varietà di proteaginose; 4) Individuazione di eventuali azioni di politica economica nazionale o regionale per incentivare le filiere