Agricoltura biologica e/o rigenerativa?, di Davide Pierleoni

L’agricoltura rigenerativa è metodo agricolo che possiede un approccio di conservazione e riabilitazione dei sistemi alimentari e agricoli. Si concentra sulla produzione di humus, sull’aumento della biodiversità, sul miglioramento del ciclo dell’acqua, sul potenziamento dei servizi ecosistemici, sulla capacità del suolo di sequestrare biossido di carbonio, sull’aumento della resilienza ai cambiamenti climatici e sul rafforzamento della salute e della vitalità del suolo agricolo. Combina una varietà di tecniche di agricoltura sostenibile.

Le pratiche includono le rotazioni lunghe delle colture, il reimpiego delle materie prime secondarie agricole, come la paglia o i liquami zootecnici e l’aggiunta di materiale compostato proveniente da fonti non agricole, come i sottoprodotti dei biodigestori per la produzione di gas. Molte grandi aziende agricole stanno adottando sempre più tecniche di agricoltura rigenerativa, utilizzando pratiche di semina su sodo e/o minima lavorazione, già conosciute da diversi decenni e che si vanno diffondendo man mano che l’industria della meccanica agricola, unita alla conoscenza sviluppata dai centri di ricerca, mettono a disposizione dell’imprenditore agricolo le tecniche di meccanizzazione. Facciamo alcuni esempi: pneumatici ribassati, ruote accoppiate e a bassa pressione, ruote allargate per la riduzione del compattamento; sostituzione delle tradizionali lavorazioni principali con lavorazione con polivomeri che incidono il terreno in superficie; ripper, scarificatori, discissori che non rivoltano gli strati del terreno ma creano fessure per la penetrazione dell’acqua e lo scambio dell’aria.

Agricoltura Rigenerativa e Cambiamento Climatico

L’agricoltura rigenerativa fornisce un rilevante contributo per il contrasto del cambiamento climatico attraverso la rimozione e il sequestro dell’anidride carbonica dall’atmosfera che viene immagazzinata sotto forma di humus stabile nel suolo. Per questo motivo, questo metodo agricolo riveste un interesse notevole per la Commissione europea che sta studiando come misurare questi impatti positivi e quantificarli, nell’ambito delle nuove strategie di lotta al “Climate Change”. Con l’adozione di una specifica normativa, l’Ue si impegna a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, un obiettivo che è alla base della strategia europea del Green Deal e delle politiche e misure associate. Tutti i settori dovranno fare la loro parte per ridurre al minimo assoluto le emissioni di gas serra (GHG) il più rapidamente possibile. Tuttavia, non sarà possibile ridurre a zero le emissioni di tutti i settori. Per raggiungere questo obiettivo, una rapida riduzione delle emissioni dovrà quindi essere combinata con un approccio efficace per rimuovere l’anidride carbonica (CO2) dall’atmosfera. Nell’aprile 2024, il Parlamento europeo ha approvato l’accordo politico sul regolamento che istituisce un quadro volontario di certificazione a livello dell’UE per le rimozioni di carbonio, denominato regolamento Carbon Removals and Carbon Farming (CRCF) che prende in esame anche le attività di agricoltura biologica e/o rigenerativa.

Qualche criticità

Sull’agricoltura rigenerativa occorre precisare che esiste molta incertezza sull’uso del termine e a che cosa esso si riferisca esattamente; ci sono molte varianti di A. rigenerativa nel mondo e nessuna standardizzazione è stata operata da parte di enti di normazione internazionali. Non esiste ovviamente una base legale definita da Governi di qualche paese e quindi siamo ancora in una fase che definirei “brodo primordiale” che ricorda il movimento biologico alla fine degli anni 80, prima dell’arrivo del Regolamento (CEE) n. 2092/91 che diede la spinta per la nascita ufficiale dell’A. Biologica in Europa. Da ultimo, esiste una A. rigenerativa convenzionale e una A. rigenerativa biologica che sono segnate da profonde differenze; la prima non esclude l’impiego di OGM o di sostanze chimiche di sintesi, come i diserbanti o gli agrofarmaci per la difesa delle colture o i fertilizzanti minerali a rapido assorbimento come invece accade per la A. rigenerativa biologica. Per questi motivi, il movimento biologico internazionale (IFOAM) guarda con grande sospetto l’A. Rigenerativa convenzionale, osservando nel suo diffondersi un forte rischio di “Green Washing” a scapito dei prodotti biologici. Maggiori approfondimenti li potete trovare in questo interessante articolo disponibile qui “The Organic Standard

L’Agricoltura Rigenerativa Biologica

Ad oggi, l’unico standard che combina la filosofia del Biologico con quella della A. Rigenerativa è quello del Rhodale Institute americano, il quale afferma che “Regenerative Organic Certified® è una nuova certificazione rivoluzionaria per ingredienti alimentari, tessili e per la cura personale. Le aziende agricole e i prodotti Regenerative Organic Certified® soddisfano gli standard più elevati al mondo per la salute del suolo, il benessere degli animali e l’equità dei lavoratori agricoli”.

Il marchio può essere utilizzato sui prodotti che derivano da una filiera agricola che rispetta il disciplinare tecnico a partire dalla produzione primaria di prodotti vegetali e animali fino al soggetto che trasforma, confeziona e che apporrà il marchio su licenza di ROC in etichetta. La notorietà di questo standard sta crescendo negli ultimi due anni soprattutto in USA, dove è nato e dove è in atto una forte campagna mediatica da parte di grandi catene anche bio come WholeFoods.

Fonte: CCPB