Ognuno di noi sa che quando il medico prescrive un antibiotico questo dev’essere preso nella giusta dose e per un periodo appropriato, perché se così non fosse si scenderebbe sotto la cosidetta “Concentrazione Minima Inibente” e si correrebbe il rischio di creare nel nostro organismo dei ceppi resistenti al principio attivo assunto in modo inadeguato. Ma consumando regolarmente carne o pesce proveniente da allevamenti intensivi, cioè la maggioranza di ciò che viene oggi commercializzato, assumiamo costantemente micro residui di antibiotici utilizzati copiosamente negli allevamenti, spesso a scopo preventivo più che curativo, per consentire la sopravvivenza di animali o pesci con un sistema immunitario depresso a causa delle terribili condizioni di vita. Stime molto prudenziali dicono che nell’Unione Europea vengano usati oltre 5.000 tonnellate di antibiotici solo nella zootecnia e la sola Germania, che nel 2011 ha pubblicato statistiche ufficiali, ne ha registrato l’utilizzo di ben 1.784 tonnellate. Alcuni studi, sono arrivati a stabilire che per ogni kilo di carne prodotta negli allevamenti vengono impiegati in media 100mg di antibiotici. Questo vuol dire che, sulla base dei dati sul consumo medio di carne pari a 87 kg di carne ogni anno pro capite, ogni italiano medio assume involontariamente quasi 9 grammi di antibiotici, che costituiscono l’equivalente della somministrazione di circa 4 terapie antibiotiche all’anno. È evidente, quindi, che l’uso massiccio di tali tipi di farmaci anche a piccole dosi per animale può essere causa dello sviluppo di ceppi batterici sempre più resistenti alle cure. Tant’è che l’EFSA (European Food Security Authority), l’Autorità alimentare europea, ha affermato che i cibi di origine animale possono trasmettere all’uomo batteri di tale tipo. Il consumo continuo di carne e la conseguente assunzione di questi medicinali possono essere causa a lungo andare di disturbi intestinali cronici. Tra i vari tipi di batteri che sono diventati resistenti agli antibiotici sono stati studiati: la Salmonella typhimurium e parathyphimurium (l’infezione si trasmette con le uova e la carne, soprattutto avicola e suina), lo Staphylococcus aureus, Campylobacter coli e jejuni e la temibilissima Escherichia coli di cui un ceppo divenuto particolarmente resistente provoca colite emorragica e insufficienza renale.<br><br> “Enotime”, 9 aprile 2013, <a href="http://www.enotime.it">http://www.enotime.it</a><br><br>