<div style="text-align: justify;">SOMAGLIA – Erano circa una
sessantina i presenti al seminario di formazione per i coltivatori
diretti intitolato “Agricoltura a basso impatto ambientale” organizzato
ieri al castello Cavazzi di Somaglia da Centro Via Italia, nell'ambito
del progetto Life promosso dal Comune di Somaglia e dalla locale
sezione del Wwf Basso Lodigiano per la conservazione dell'habitat
naturale di ardeidi (famiglia di uccelli di cui fanno parte, per
esempio, gli aironi) e anfibi nell'oasi protetta di Monticchie. La Sala
d'Armi che ha ospitato il convegno è stata riempita in buona parte da
studenti dell'istituto agrario “Tosi” di Codogno che ha sfruttato
l'occasione per presentare la propria organizzazione didattica con il
preside Ottorino Buttarelli e la professoressa di agronomia Tiziana
Semini.
Una decina invece gli imprenditori agricoli effettivi, non del tutto
convinti dalle relazioni ascoltate, aperte dal dirigente provinciale
del Settore agricoltura, Alberto Tenconi. Con lui è intervenuta la
funzionaria provinciale Rosa De Marco che ha parlato delle possibilità
di finanziamento per l'agricoltura a basso impatto ambientale, sulla
base della nuova programmazione europea in materia agroalimentare che
ha introdotto da tre anni la cosiddetta “Misura f” in sostituzione del
regolamento 2078 del 1992. Essa prevede interventi mirati alla
produzione agricola biologica o quantomeno integrata, al miglioramento
ambientale del territorio rurale, alla salvaguardia delle razze animali
minacciate dall'estinzione e alla certificazione ambientale
dell'azienda: in base ai dati forniti, sono già mezzo migliaio le
aziende lodigiane che hanno presentato domanda di finanziamenti ora che
siamo al terzo anno dall'introduzione della “Misura f”, e si parla di
contributi erogati per 2,3 milioni di euro. L'agricoltura a minor
impatto ambientale sarebbe quella biologica: «Il principio su cui si
basa – ha spiegato nel suo intervento Giovanni Brambilla, dell'Aiab
(associazione italiana agricoltura biologica) di Milano – è la
salvaguardia della salute del consumatore e dell'ambiente: una scelta
consapevole dunque, prima che una opportunità economica. Ciò prevede
l'abolizione totale dei concimi chimici, sostituiti da prodotti
organici, e dei diserbanti. Per combattere le erbacce si utilizzano
tecniche quali la falsa semina e la rotazione delle coltivazioni,
piuttosto che la sarchiatura o altre ancora. Eventuali cali di
produzione, come ad esempio nel mais, possono essere ripagati dal
risparmio economico per il mancato utilizzo di certi prodotti.
Naturalmente è fondamentale il controllo sulle effettive modalità di
produzione agricola biologica». Meno tassativi i limiti relativi alla
cosiddetta “agricoltura integrata”: «Con questa definizione – spiega il
codognese Fabrizio Arfini, del collegio dei periti agrari di Milano –
si intende l'attività di un'azienda convenzionale che decide
volontariamente di applicare disciplinari di produzione più restrittivi
rispetto alle metodologie tradizionali: minor utilizzo di fertilizzanti
e diserbanti chimici, maggior rotazione delle coltivazioni». Parametri
che consentono l'accesso ai contributi dell'Unione europea di cui si è
detto sopra; Giuseppe Baronchelli ha illustrato la propria esperienza
di agricoltura integrata nella propria azienda agricola Portadore Alto
di 86 ettari a Lodi. Infine si è preso in considerazione anche il look
delle aziende: Marzio Miodini di “Emmedueconsulting srl” ha posto
l'attenzione sull'opportunità di sviluppare un'edilizia di basso
impatto visivo.<br></div><b>Libertà</b>