L'AGRICOLTURA BIOLOGICA E INTEGRATA NEL LODIGIANO. In cinque anni contributi a seicento aziende (su 1600) per ridurre i fitofarmaci e i prodotti chimi

<div style="text-align: justify;">Sono
state oltre 600 i soggetti (sulle circa 1600 aziende agricole
lodigiane) che in cinque anni tra la seconda metà degli anni ‘90 e
l’inizio del nuovo secolo hanno beneficiato di quasi 6 miliardi di
vecchie lire sulla base del regolamento 2078 deliberato nel 1992 dalla
Comunità Europea per il piano di sviluppo rurale. La nuova
programmazione europea in materia agroalimentare ha introdotto da tre
anni la cosiddetta “Misura f” che prevede interventi mirati alla
produzione agricola biologica o quantomeno integrata, al miglioramento
ambientale del territorio rurale, alla salvaguardia delle razze animali
minacciate dall’estinzione e alla certificazione ambientale
dell’azienda: ebbene, in base ai dati forniti dalla dottoressa Rosa De
Marco del settore agricoltura della provincia di Lodi, sono già mezzo
migliaio le aziende lodigiane che hanno presentato domanda di
finanziamenti ora che siamo al terzo anno dall’introduzione della
“Misura f”, e si parla di contributi erogati per 2,3 milioni di euro.
La dottoressa De Marco è intervenuta ieri assieme al dirigente
provinciale del settore agricoltura Alberto Tenconi al seminario di
formazione per i coltivatori diretti intitolato “Agricoltura a basso
impatto ambientale” organizzato da Centro Via Italia presso il castello
Cavazzi di Somaglia, nell’ambito del progetto Life promosso dal comune
di Somaglia e dalla locale sezione del Wwf Basso Lodigiano per la
conservazione dell’habitat naturale di ardeidi (famiglia di uccelli di
cui fanno parte ad esempio gli aironi) e anfibi nell’oasi protetta di
Monticchie. Una sessantina i presenti, fra cui molti studenti
dell’istituto agrario “Tosi” di Codogno che ha sfruttato l’occasione
per presentare la propria organizzazione didattica con il preside
Ottorino Buttarelli e la professoressa di agronomia Tiziana Semini; una
decina gli imprenditori agricoli effettivi, non del tutto convinti
dalle relazioni ascoltate.Il convegno ha definito i principi teorici di
tali pratiche agricole ma ha pure illustrato esperienze sul campo
esistenti nel Lodigiano. «Il principio su cui si basa l’agricoltura
biologica – ha spiegato Giovanni Brambilla, dell’Aiab (associazione
italiana agricoltura biologica) di Milano – è la salvaguardia della
salute del consumatore e dell’ambiente: una scelta consapevole dunque,
prima che una opportunità economica. Ciò prevede l’abolizione totale
dei concimi chimici, sostituiti da prodotti organici, e dei diserbanti:
per combattere le erbacce si utilizzano tecniche quali la falsa semina
e la rotazione delle coltivazioni, piuttosto che la sarchiatura o altre
ancora. Eventuali cali di produzione, come ad esempio nel mais, possono
essere ripagati dal risparmio economico per il mancato utilizzo di
certi prodotti; naturalmente è fondamentale il controllo sulle
effettive modalità di produzione agricola biologica». Meno tassativi i
limiti relativi alla cosiddetta “agricoltura integrata”: «Con questa
definizione – spiega il codognese Fabrizio Arfini, del collegio dei
periti agrari di Milano – si intende l’attività di un’azienda
convenzionale che decide volontariamente di applicare disciplinari di
produzione più restrittivi rispetto alle metodologie tradizionali:
minor utilizzo di fertilizzanti e diserbanti chimici, maggior rotazione
delle coltivazioni». Parametri che consentono l’accesso ai contributi
della Comunità europea di cui parlavamo inizialmente. Giuseppe
Baronchelli ha illustrato la propria esperienza di agricoltura
integrata nella propria azienda agricola Portadore Alto di 86 ettari a
Lodi, quindi Marzio Miodini di Emmedueconsulting Srl ha posto
l’attenzione sull’opportunità di sviluppare un’edilizia sostenibile e
di basso impatto visivo anche nella campagna lodigiana.<br><b>Il cittadino</b>
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