Caro Direttore,
so che l’articolo ”Che bio che la mandi buona” di Marco Maroni, nel numero in edicola, ha già motivato l’amico e collega Roberto Pinton di Consortium bio a scriverle una ”infastidita” nota e una circostanziata replica.
La Federazione di cui sono Segretario e di cui è socio anche Consortium bio rappresenta attualmente alcune fra le principali realtà associative del settore a livello nazionale e sei organismi di controllo autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, che certificano più del 70% degli operatori del settore.
Ci siamo dotati di un Codice di autodisciplina e di un Giurì indipendente anche per garantire la massima trasparenza delle attività degli associati e da alcuni anni, periodicamente, pubblichiamo i dati sulle attività svolte dagli organismi di controllo nostri soci.
Non è mai stata nostra politica ”aziendale” quella di negare problemi e contraddizioni del settore, tanto meno quella di ritenere i prodotti biologici la soluzione di ogni male dell’ambiente e dell’umanità.
Tuttavia l’articolo di cui si tratta non può che essere definito, come qualcuno ha già fatto, ”un piatto particolarmente indigesto e terribilmente di parte”.
Ciò per la singolare scelta delle fonti, l’approssimazione e la faziosità di molte affermazioni che dimostrano semplicemente che l’autore del pezzo è prevenuto nei confronti dell’agricoltura biologica e non ama faticare nella ricerca delle fonti.
Ci auguriamo sia possibile a breve un’occasione migliore e più meditata per parlare ai vosti lettori di un settore economico ”onesto” ma anche di tante brave persone e imprese che da sempre operano e lottano, come possono, per un futuro migliore e, soprattutto, libero dal potere condizionante degli ex (?) datori di lavoro del Prof. Sala.
Con stima sincera.
Il Segretario
Paolo Carnemolla
—————————–
Spett. Direttore,
la presente per complimentarsi, con Diario ed in particolare con l’autore Marco Maroni, per l’ottimo articolo “Che Bio ce la mandi buona”. I motivi che ci rallegrano sono molti. Intanto la scelta degli intervistati: consentire a consulenti di cotanta levatura (nel campo delle biotecnologie ovviamente) di dissertare sul biologico equivale ad incaricare Bondi e Schifani di redigere la Storia Oggettiva del Socialismo!
In secondo luogo per lo spazio lasciato al contraddittorio: dovevate far fede al sottotitolo dell’articolo, e avete voluto sperimentare di persona le TRAPPOLE (favori non se ne vedono…) DEL BIOLOGICO?
Poi ancora mi congratulo per la segnalazione circa il finanziamento diretto degli Organismi di controllo (13, non 10) da parte delle aziende. Mi sembra giusto sottolinearlo, invece che più banalmente raccontare ai Vostri lettori il vero paradosso: cioè che le aziende biologiche sono obbligate a pagare, e anche a caro prezzo, per certificare il loro prodotto, mentre quelle convenzionali possono distribuire prodotto inquinato così, gratuitamente, e inquinare (magari con gli OGM), già che ci sono, anche le aziende biologiche, senza alcun controllo.
Che generosità, eh!
A proposito di controllo, chi scrive è un’azienda di trasformazione, che fornisce una delle catene della GDO citate nell’articolo. Approfittiamo perciò volentieri dell’occasione per congratularci anche per la precisione con cui citate “disciplinari di filiera (i nostri) che prevedono per alcuni pesticidi l’utilizzo di limiti più bassi di quelli imposti dalla legge”. Beh, forse non avete avuto il tempo di informarVi bene sul Reg CE 2092/91: l’unico limite previsto dalla legge è 0 (zero).
Non esistono limiti da abbassare nel bio.
Semplicemente i residui non devono esserci.
E a tal proposito ci permettiamo di raccontarVi un fatto.
Dalle circa 600 analisi multiresiduali che a nostre spese abbiamo fatto nel 2003, gli unici fuori standard che abbiamo rilevato sono tracce di residui dovuti a trattamenti post-raccolta utilizzati nell’agricoltura convenzionale, che per decenni ha utilizzato (e continua ad utilizzare, alla faccia delle molecole buone che dipingete nell’articolo) principi attivi tossici o molto tossici con la graziosa caratteristica di permanere nell’ambiente, e nel nostro organismo, parecchi anni ancora. Se volete fare delle prove cercate la difenilammina, il vinclozolin, o il clorprofam (rispettivamente nelle mele , nel kiwi, nelle patate), vedrete quanto ce n’è e quanto ce n’è a disposizione nell’ambiente (gratuitamente, non bisogna pagare alcun Organismo di controllo). E se sono nomi troppo difficili, cercate DDT, o atrazina, bentazone e molinate, vedrete ce n’è a tonnellate nelle falde, per noi e anche per i nostri figli…(poi, dopo, ne è stato proibito l’utilizzo, ma nell’attesa sono stati alzati i limiti ammessi nell’acqua potabile, p.e. dal Comune di Milano, per poterla definire tale).
Altro giochino del quale complimentarsi quello che racconta le aziende biologiche come terre invase dal letame (e dal liquame!).
Potevate anche sprecarVi a visitarne una, di queste aziende che descrivete così malamente,e scoprire che per la maggior parte sono posti bellissimi, piccole isole di natura quasi incontaminata (e magari fare la coda per passarci le vacanze)! Non so quanto valga la pena di dire, a proposito delle tecniche di compostaggio, grazie alle quali non solo il letame fermenta perdendo la sua carica batterica, ma trasforma pure prodotti di scarto (riducendo tra l’altro il volume dei rifiuti da inviare in discarica), tali da formare ottimo terriccio, molto più ricco di sostanza organica di quello normalmente in commercio nei garden center, e di cui sono pieni i vasi di casa nostra. Preme di più invece ricordarVi che è proprio a causa dei liquami delle aziende “tradizionali” che finiscono nei fiumi e nei canali che si manifestano fenomeni come l’eutrofizzazione delle acque, o, peggio anche se è una realtà misconosciuta, l’accumulo di metalli pesanti nei terreni (alla faccia del “retaggio del passato” come lo chiamate Voi: abbiamo campi in cui non possiamo più coltivare alcunché perché ci sono più piombo e cadmio, accumulato dal convenzionale in passato, che in una batteria di automobile!)
Tra un’omissione e l’altra, tra una manipolazione (attenzione a frequentare certa gente…) e l’altra si arriva anche ad affermare che le piante derivate da colture biologiche sintetizzano tossine specifiche: volete fare controinformazione o controriforme?
Quali sarebbero le tossine che le piante bio producono spontaneamente (per proteggersi da insetti, crittogame ed altro) che fanno male all’uomo: i nomi, di grazia, se no che giornalismo è?
Oppure sarà per proteggerci da queste che le aziende zootecniche tradizionali possono utilizzare per legge tanti ormoni e tali antibiotici?
Mah, avevate proprio bisogno di coprirle?!
Avete mai pensato a quali sono i costi sulle spalle della comunità per la depurazione delle acque inquinate dalle sostanze utilizzate in agricoltura convenzionale o dalle aziende zootecniche convenzionali?
Avete mai pensato a quali sono i costi sulle spalle della comunità per l’inquinamento dell’aria, dell’ambiente, del cibo, che comunemente consumiamo, dovuto alle sostanze chimiche utilizzate in agricoltura convenzionale o dalle aziende zootecniche convenzionali? Avete mai pensato a quali sono i costi sulle spalle della comunità per la cura della popolazione che si ammala di cancro o che soffre di intolleranze alimentari o di allergie per le sostanze chimiche utilizzate in agricoltura convenzionale o dalle aziende zootecniche convenzionali?
Tutti questi costi , e sono enormi, li dobbiamo al tipo di agricoltura che si è andata sviluppando (ma forse sarebbe meglio dire che è stata imposta) negli ultimi decenni. Certamente queste informazioni non ve li comunicheranno le multinazionali che si arricchiscono con le migliaia di tonnellate di pesticidi, diserbanti, conservanti, antigermoglianti,, ormoni, antibiotici, ecc. che vendono e distribuiscono nel mondo (si parla di chili pro capite all’anno) ; e guarda caso sono le stesse che ora si stanno dedicando con tanto disinteresse ed altruismo agli organismi geneticamente modificati per la salvezza dell’umanità e che si accaniscono, utilizzando pseudo scienziati – normalmente sul loro libro paga- per screditare con calunnie e falsità il mondo del biologico (qualcuno è già stato denunciato per le falsità che ha utilizzato sui media).
Non comprendiamo perché un settimanale come il Vostro che ritenevamo serio e corretto si presti ad un simile gioco . A che cosa puntate tentando di screditare il mondo del biologico, peraltro senza ne conoscerlo ne descriverlo correttamente?!
Possiamo solo sperare che sia una svista della redazione ad un articolo mal fatto o peggio mal influenzato.
Non possiamo credere che ci sia un reale interesse da parte Vostra a diffamare il biologico.
Non sarà per un po’ di pubblicità in più che possono garantirVi le multinazionali della chimica (certo il mondo del biologico non ha pari disponibilità) che Vi permettete di denigrare chi cerca a suo modo di mantenere e garantire questo mondo su cui anche Voi e i Vostri figli dovrete vivere o sperate nelle conquiste marziane promesse da Bush ?!?)
Concludendo, Vi ringraziamo di nuovo: abbiamo finalmente capito perché il biologico costa di più.
Per tutto il tempo, le energie, le risorse che tutti noi che crediamo e viviamo del biologico dobbiamo investire per difenderlo.
Da Voi, ma anche per Voi.
Cordiali saluti.
Pizzi Osvaldo & C s.r.l.
————————————– CHE BIO CE LA MANDI BUONA/1
Spettabile redazione, scrivo per segnalare delle informazioni non corrette nell’articolo “Che bio ce la mandi buona” del n.9 di quest’anno, a firma Marco Maroni.
Non sono consulente del ministro Alemanno e i dati riportati sui costi sociali del bio si riferiscono solamente alle acque di falda e per tresole regioni in cui si è svolta l’indagine. I costi per la collettività sono quindi molto più alti.
Vorrei inoltre, se possibile, rivolgere una critica all’articolo; mi sembra strano che vengano riportare solo voci critiche nei confronti del bio, descritto fondamentalmente come moda per ricchi snob, quando in realtà rappresenta, a prescindere dalla salubrità dei prodotti (non è possibile inserire informazioni ulla salubrità di alimenti bio perché automaticamente questo implicherebbe la dannosità dei prodotti non bio e non il contrario come citato a pag. 24 a proposito del regolamento dell’Unione europea), una logica e una filosofia nei confronti della terra che andrebbe comunque e sempre sostenuta se vogliamo ancora avere speranza in un futuro che si preannuncia drammatico dal punto di vista ambientale.
Cordiali saluti.
Francesco Bertolini, Università Bocconi
———————————-
SU CHE BIO CE LA MANDI BUONA/2
Gentile redazione, quando il vostro collaboratore Maroni mi ha telefonato per dirmi che stava scrivendo sul bio, mi ha detto che l’avrebbe fatto in modo «critico». Ciò non mi ha spaventato, anzi mi fa piacere che anche sul nostro settore ci sia un’attenzione non superficiale ma appunto critica, che ci può consentire di migliorarci. Adesso leggo l’articolo, ma ciò che esso contiene, non è certo, «un’analisi critica». Mi permetto di dire questo sulla base di una serie di motivazioni:
– ha sentito solo me a difesa del settore, mentre i critici citati sono numerosi.
– ha citato studi in una sola direzione, quella contro il bio, nessuna traccia di autorevoli studi nazionali sulle qualità superiori del cibo bio (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione), europei (allegato della Commissione europea al piano d’azione per il biologico) e internazionali (Nature, confronto di metodi produttivi, studio Usa su pesticidi e alimentazione dei bambini).
– ha citato le indagini Nas sulle frodi nel bio ma non le dichiarazioni del generale Niglio (Nas) «Prodotti ”biologici” falsi? Ne abbiamo trovati, e su altri abbiamo dei dubbi: saranno i nostri laboratori a chiarirli. Ma la stragrande maggioranza dei produttori sono onesti: i consumatori possono stare sostanzialmente tranquilli».
– ha criticato il sistema di controllo del biologico senza sentirsi in dovere di interpellare almeno uno degli organismi che operano per capire le loro ragioni e il loro funzionamento (l’agricoltura biologica è il metodo agricolo più controllato in Europa!). Tutta la documentazione le era stata inviata, e tuttavia lei ha deciso di non utilizzarla a scapito di una corretta e completa informazione.
Enrico Erba
so che l’articolo ”Che bio che la mandi buona” di Marco Maroni, nel numero in edicola, ha già motivato l’amico e collega Roberto Pinton di Consortium bio a scriverle una ”infastidita” nota e una circostanziata replica.
La Federazione di cui sono Segretario e di cui è socio anche Consortium bio rappresenta attualmente alcune fra le principali realtà associative del settore a livello nazionale e sei organismi di controllo autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, che certificano più del 70% degli operatori del settore.
Ci siamo dotati di un Codice di autodisciplina e di un Giurì indipendente anche per garantire la massima trasparenza delle attività degli associati e da alcuni anni, periodicamente, pubblichiamo i dati sulle attività svolte dagli organismi di controllo nostri soci.
Non è mai stata nostra politica ”aziendale” quella di negare problemi e contraddizioni del settore, tanto meno quella di ritenere i prodotti biologici la soluzione di ogni male dell’ambiente e dell’umanità.
Tuttavia l’articolo di cui si tratta non può che essere definito, come qualcuno ha già fatto, ”un piatto particolarmente indigesto e terribilmente di parte”.
Ciò per la singolare scelta delle fonti, l’approssimazione e la faziosità di molte affermazioni che dimostrano semplicemente che l’autore del pezzo è prevenuto nei confronti dell’agricoltura biologica e non ama faticare nella ricerca delle fonti.
Ci auguriamo sia possibile a breve un’occasione migliore e più meditata per parlare ai vosti lettori di un settore economico ”onesto” ma anche di tante brave persone e imprese che da sempre operano e lottano, come possono, per un futuro migliore e, soprattutto, libero dal potere condizionante degli ex (?) datori di lavoro del Prof. Sala.
Con stima sincera.
Il Segretario
Paolo Carnemolla
—————————–
Spett. Direttore,
la presente per complimentarsi, con Diario ed in particolare con l’autore Marco Maroni, per l’ottimo articolo “Che Bio ce la mandi buona”. I motivi che ci rallegrano sono molti. Intanto la scelta degli intervistati: consentire a consulenti di cotanta levatura (nel campo delle biotecnologie ovviamente) di dissertare sul biologico equivale ad incaricare Bondi e Schifani di redigere la Storia Oggettiva del Socialismo!
In secondo luogo per lo spazio lasciato al contraddittorio: dovevate far fede al sottotitolo dell’articolo, e avete voluto sperimentare di persona le TRAPPOLE (favori non se ne vedono…) DEL BIOLOGICO?
Poi ancora mi congratulo per la segnalazione circa il finanziamento diretto degli Organismi di controllo (13, non 10) da parte delle aziende. Mi sembra giusto sottolinearlo, invece che più banalmente raccontare ai Vostri lettori il vero paradosso: cioè che le aziende biologiche sono obbligate a pagare, e anche a caro prezzo, per certificare il loro prodotto, mentre quelle convenzionali possono distribuire prodotto inquinato così, gratuitamente, e inquinare (magari con gli OGM), già che ci sono, anche le aziende biologiche, senza alcun controllo.
Che generosità, eh!
A proposito di controllo, chi scrive è un’azienda di trasformazione, che fornisce una delle catene della GDO citate nell’articolo. Approfittiamo perciò volentieri dell’occasione per congratularci anche per la precisione con cui citate “disciplinari di filiera (i nostri) che prevedono per alcuni pesticidi l’utilizzo di limiti più bassi di quelli imposti dalla legge”. Beh, forse non avete avuto il tempo di informarVi bene sul Reg CE 2092/91: l’unico limite previsto dalla legge è 0 (zero).
Non esistono limiti da abbassare nel bio.
Semplicemente i residui non devono esserci.
E a tal proposito ci permettiamo di raccontarVi un fatto.
Dalle circa 600 analisi multiresiduali che a nostre spese abbiamo fatto nel 2003, gli unici fuori standard che abbiamo rilevato sono tracce di residui dovuti a trattamenti post-raccolta utilizzati nell’agricoltura convenzionale, che per decenni ha utilizzato (e continua ad utilizzare, alla faccia delle molecole buone che dipingete nell’articolo) principi attivi tossici o molto tossici con la graziosa caratteristica di permanere nell’ambiente, e nel nostro organismo, parecchi anni ancora. Se volete fare delle prove cercate la difenilammina, il vinclozolin, o il clorprofam (rispettivamente nelle mele , nel kiwi, nelle patate), vedrete quanto ce n’è e quanto ce n’è a disposizione nell’ambiente (gratuitamente, non bisogna pagare alcun Organismo di controllo). E se sono nomi troppo difficili, cercate DDT, o atrazina, bentazone e molinate, vedrete ce n’è a tonnellate nelle falde, per noi e anche per i nostri figli…(poi, dopo, ne è stato proibito l’utilizzo, ma nell’attesa sono stati alzati i limiti ammessi nell’acqua potabile, p.e. dal Comune di Milano, per poterla definire tale).
Altro giochino del quale complimentarsi quello che racconta le aziende biologiche come terre invase dal letame (e dal liquame!).
Potevate anche sprecarVi a visitarne una, di queste aziende che descrivete così malamente,e scoprire che per la maggior parte sono posti bellissimi, piccole isole di natura quasi incontaminata (e magari fare la coda per passarci le vacanze)! Non so quanto valga la pena di dire, a proposito delle tecniche di compostaggio, grazie alle quali non solo il letame fermenta perdendo la sua carica batterica, ma trasforma pure prodotti di scarto (riducendo tra l’altro il volume dei rifiuti da inviare in discarica), tali da formare ottimo terriccio, molto più ricco di sostanza organica di quello normalmente in commercio nei garden center, e di cui sono pieni i vasi di casa nostra. Preme di più invece ricordarVi che è proprio a causa dei liquami delle aziende “tradizionali” che finiscono nei fiumi e nei canali che si manifestano fenomeni come l’eutrofizzazione delle acque, o, peggio anche se è una realtà misconosciuta, l’accumulo di metalli pesanti nei terreni (alla faccia del “retaggio del passato” come lo chiamate Voi: abbiamo campi in cui non possiamo più coltivare alcunché perché ci sono più piombo e cadmio, accumulato dal convenzionale in passato, che in una batteria di automobile!)
Tra un’omissione e l’altra, tra una manipolazione (attenzione a frequentare certa gente…) e l’altra si arriva anche ad affermare che le piante derivate da colture biologiche sintetizzano tossine specifiche: volete fare controinformazione o controriforme?
Quali sarebbero le tossine che le piante bio producono spontaneamente (per proteggersi da insetti, crittogame ed altro) che fanno male all’uomo: i nomi, di grazia, se no che giornalismo è?
Oppure sarà per proteggerci da queste che le aziende zootecniche tradizionali possono utilizzare per legge tanti ormoni e tali antibiotici?
Mah, avevate proprio bisogno di coprirle?!
Avete mai pensato a quali sono i costi sulle spalle della comunità per la depurazione delle acque inquinate dalle sostanze utilizzate in agricoltura convenzionale o dalle aziende zootecniche convenzionali?
Avete mai pensato a quali sono i costi sulle spalle della comunità per l’inquinamento dell’aria, dell’ambiente, del cibo, che comunemente consumiamo, dovuto alle sostanze chimiche utilizzate in agricoltura convenzionale o dalle aziende zootecniche convenzionali? Avete mai pensato a quali sono i costi sulle spalle della comunità per la cura della popolazione che si ammala di cancro o che soffre di intolleranze alimentari o di allergie per le sostanze chimiche utilizzate in agricoltura convenzionale o dalle aziende zootecniche convenzionali?
Tutti questi costi , e sono enormi, li dobbiamo al tipo di agricoltura che si è andata sviluppando (ma forse sarebbe meglio dire che è stata imposta) negli ultimi decenni. Certamente queste informazioni non ve li comunicheranno le multinazionali che si arricchiscono con le migliaia di tonnellate di pesticidi, diserbanti, conservanti, antigermoglianti,, ormoni, antibiotici, ecc. che vendono e distribuiscono nel mondo (si parla di chili pro capite all’anno) ; e guarda caso sono le stesse che ora si stanno dedicando con tanto disinteresse ed altruismo agli organismi geneticamente modificati per la salvezza dell’umanità e che si accaniscono, utilizzando pseudo scienziati – normalmente sul loro libro paga- per screditare con calunnie e falsità il mondo del biologico (qualcuno è già stato denunciato per le falsità che ha utilizzato sui media).
Non comprendiamo perché un settimanale come il Vostro che ritenevamo serio e corretto si presti ad un simile gioco . A che cosa puntate tentando di screditare il mondo del biologico, peraltro senza ne conoscerlo ne descriverlo correttamente?!
Possiamo solo sperare che sia una svista della redazione ad un articolo mal fatto o peggio mal influenzato.
Non possiamo credere che ci sia un reale interesse da parte Vostra a diffamare il biologico.
Non sarà per un po’ di pubblicità in più che possono garantirVi le multinazionali della chimica (certo il mondo del biologico non ha pari disponibilità) che Vi permettete di denigrare chi cerca a suo modo di mantenere e garantire questo mondo su cui anche Voi e i Vostri figli dovrete vivere o sperate nelle conquiste marziane promesse da Bush ?!?)
Concludendo, Vi ringraziamo di nuovo: abbiamo finalmente capito perché il biologico costa di più.
Per tutto il tempo, le energie, le risorse che tutti noi che crediamo e viviamo del biologico dobbiamo investire per difenderlo.
Da Voi, ma anche per Voi.
Cordiali saluti.
Pizzi Osvaldo & C s.r.l.
————————————– CHE BIO CE LA MANDI BUONA/1
Spettabile redazione, scrivo per segnalare delle informazioni non corrette nell’articolo “Che bio ce la mandi buona” del n.9 di quest’anno, a firma Marco Maroni.
Non sono consulente del ministro Alemanno e i dati riportati sui costi sociali del bio si riferiscono solamente alle acque di falda e per tresole regioni in cui si è svolta l’indagine. I costi per la collettività sono quindi molto più alti.
Vorrei inoltre, se possibile, rivolgere una critica all’articolo; mi sembra strano che vengano riportare solo voci critiche nei confronti del bio, descritto fondamentalmente come moda per ricchi snob, quando in realtà rappresenta, a prescindere dalla salubrità dei prodotti (non è possibile inserire informazioni ulla salubrità di alimenti bio perché automaticamente questo implicherebbe la dannosità dei prodotti non bio e non il contrario come citato a pag. 24 a proposito del regolamento dell’Unione europea), una logica e una filosofia nei confronti della terra che andrebbe comunque e sempre sostenuta se vogliamo ancora avere speranza in un futuro che si preannuncia drammatico dal punto di vista ambientale.
Cordiali saluti.
Francesco Bertolini, Università Bocconi
———————————-
SU CHE BIO CE LA MANDI BUONA/2
Gentile redazione, quando il vostro collaboratore Maroni mi ha telefonato per dirmi che stava scrivendo sul bio, mi ha detto che l’avrebbe fatto in modo «critico». Ciò non mi ha spaventato, anzi mi fa piacere che anche sul nostro settore ci sia un’attenzione non superficiale ma appunto critica, che ci può consentire di migliorarci. Adesso leggo l’articolo, ma ciò che esso contiene, non è certo, «un’analisi critica». Mi permetto di dire questo sulla base di una serie di motivazioni:
– ha sentito solo me a difesa del settore, mentre i critici citati sono numerosi.
– ha citato studi in una sola direzione, quella contro il bio, nessuna traccia di autorevoli studi nazionali sulle qualità superiori del cibo bio (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione), europei (allegato della Commissione europea al piano d’azione per il biologico) e internazionali (Nature, confronto di metodi produttivi, studio Usa su pesticidi e alimentazione dei bambini).
– ha citato le indagini Nas sulle frodi nel bio ma non le dichiarazioni del generale Niglio (Nas) «Prodotti ”biologici” falsi? Ne abbiamo trovati, e su altri abbiamo dei dubbi: saranno i nostri laboratori a chiarirli. Ma la stragrande maggioranza dei produttori sono onesti: i consumatori possono stare sostanzialmente tranquilli».
– ha criticato il sistema di controllo del biologico senza sentirsi in dovere di interpellare almeno uno degli organismi che operano per capire le loro ragioni e il loro funzionamento (l’agricoltura biologica è il metodo agricolo più controllato in Europa!). Tutta la documentazione le era stata inviata, e tuttavia lei ha deciso di non utilizzarla a scapito di una corretta e completa informazione.
Enrico Erba
Fonte di informazione: Il diario; FIAO; Consortium Bio