Data inizio
03 Mar 2020
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Poiché la qualità e la sicurezza sono da considerare requisiti intrinsechi dei prodotti biologici, va da sé che i consumatori esigano l’assenza di residui di fitofarmaci. Per questo, sta crescendo sempre di più l’attenzione sul tema dei fosfiti (sali dell’acido fosforoso), talvolta inaspettatamente presenti nel vino e nell’ortofrutta bio, essendo ammessi solo in agricoltura convenzionale. Su tale tematica, il CREA ha organizzato il Workshop internazionale intitolato “Why phosphonic acid residues in organic wine? The Italian BIOFOSF-WINE project” (Perché residui dell’acido fosfonico nel vino biologico? Il progetto italiano BIOFOSF-WINE).
Durante il Workshop, il coordinatore progettuale Alessandra Trinchera (CREA - Agricoltura e Ambiente) ha descritto le finalità e le attività di ricerca svolte entro il progetto BIOFOSF-WINE “Strumenti per la risoluzione dell’emergenza fosfiti in uve e vini biologici”, finanziato dal Mipaaf, operante secondo un approccio ampiamente partecipato. Nel progetto BIOFOSF-WINE infatti collaborano a vario titolo con il CREA -  Agricoltura e Ambiente -  la Fondazione E. Mach, Federbio, Alleanza Cooperative, l'Unione Italiana Vini, con l'importante supporto dei Laboratori Vassanelli.

Il primi, rilevanti risultati ottenuti del progetto BIOFOSF-WINE sono stati descritti in occasione del Workshop Biofach 2020 dai ricercatori CREA e della Fondazione E. Mach, nonché dai Laboratori Vassanelli con Federbio, dimostrando come i 3 anni di conversione in biologico possono in taluni casi non essere sufficienti a garantire la decontaminazione da fosfiti di un vigneto convenzionale. Nel vino, poi, giocano un ruolo determinante anche gli adiuvanti enologici di fermentazione, che possono contenere fosfito, elemento che sottolinea ulteriormente l'importanza di prevedere ulteriori restrizioni per i mezzi tecnici da utilizzare in biologico non solo in campo, ma anche in cantina.

BIOFOSF-WINE Project: presentazione al BIOFACH 2020

Fonte: CREA - Agricoltura e Ambiente